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Da Chernobyl a Zaporizhzhia. Le centrali nucleari ucraine e la guerra.

Da Chernobyl a Zaporizhzhia. Le centrali nucleari ucraine e la guerra.

Nel pomeriggio del 24 febbraio 2022, sulla piattaforma di pronta notifica USIE (1) della IAEA, l’Autorità di sicurezza nucleare ucraina (SNRIU) annunciava che, dalle ore 17:00, tutti gli impianti presenti nella zona di esclusione di Chernobyl erano sotto il controllo di forze armate non identificate.

Si trattava dei militari della federazione russa che, superato il confine, occupavano la centrale e l’area circostante. La guerra tra Russia e Ucraina riportava agli onori della cronaca la centrale di Chernobyl dopo che, nella notte tra il 25 e il 26 aprile 1986, si generò il più grave incidente occorso ad un impianto nucleare.

Ma cosa accadde allora? La ricostruzione ufficiale ha individuato nell’errore umano la causa principale del disastro. Infatti, una sintetica ricostruzione ci ricorda che tutto partì da una prova per testare delle procedure di sicurezza in caso di black out. Nel corso del test, la potenza del reattore n.4 venne ridotta e portata a un livello in cui il comportamento del reattore era instabile. Improvvisamente, però, si verificò una brusca escursione della potenza e di conseguenza un rapido aumento della temperatura, con un’immediata vaporizzazione dell’acqua e conseguente scoppio di alcune condutture. La deformazione delle sedi in cui si dovevano calare le barre di controllo ne impedì il completo reinserimento, il che determinò un’ulteriore salita incontrollata della potenza del reattore, si generò quindi una miscela esplosiva ricca d’idrogeno. Alle 23:23 del 25 aprile si verificò una seconda e più forte esplosione, che interessò gran parte della struttura che racchiudeva il nocciolo. L’incendio della grafite provocò la fuoriuscita e la dispersione del materiale radioattivo contenuto nel reattore. Fu il peggior disastro nucleare del settore civile e venne classificato al livello 7 della scala INES, un evento mai verificatosi prima.(2)

Parte degli isotopi radioattivi dispersi in atmosfera si sposteranno, seguendo le perturbazioni di quei giorni, su diversi paesi europei. Nel frattempo molti lavoratori detti “liquidatori” furono sacrificati nelle operazioni di spegnimento dell’incendio. Il reattore esploso venne, nelle successive fasi, ricoperto da una sorta di sarcofago per evitare l’ulteriore emissione di radioattività. L’intera centrale di Chernobyl fu poi chiusa ma mantenuta sotto stretto monitoraggio e sorveglianza. La popolazione delle zone limitrofe fu evacuata e fu creata una zona d’interdizione con un raggio di 30 km (zona di esclusione) all’interno della quale non era più possibile l’accesso se non con specifiche autorizzazioni.

Con il disfacimento dell’impero sovietico la centrale passò sotto il controllo del governo ucraino.

Questa premessa è stata necessaria per arrivare ad oggi quando, pur per ragioni diverse, la sicurezza delle centrali ucraine è stata messa ripetutamente in forse.

Come accennato all’inizio, nella primissima fase della guerra le truppe russe hanno preso il controllo della centrale di Chernobyl e dei territori adiacenti creando, di fatto, delle situazioni a elevato rischio dal punto di vista della gestione in sicurezza. Infatti, pur trattandosi di una centrale ferma dal punto di vista del funzionamento per la produzione di energia elettrica, essa rimane un sito in cui è necessario gestire con la massima attenzione i materiali radioattivi che lì si trovano. Per comprendere meglio la situazione ripercorriamo gli eventi degli ultimi mesi attraverso alcuni esempi.

In seguito alle azioni belliche sono saltate alcune linee elettriche che collegano la rete alla centrale. Il 13 marzo Petro Kotin, presidente di Energoatom (3) rende noto che squadre di specialisti ucraini sono riuscite a riparare una linea elettrica necessaria per riprendere le forniture di elettricità esterna alla centrale nucleare di Chernobyl, solo dopo questo intervento si è di nuovo in grado di fornire tutta l’energia necessaria alla centrale nucleare dove sono stati collocati rifiuti radioattivi oltre agli impianti utili per la loro gestione.

Il 20 marzo, finalmente, metà del personale della centrale nucleare può tornare alle proprie case, dopo aver lavorato nel sito, controllato dai militari russi, per quasi quattro settimane senza alcuna sosta o turnazione. È difficile immaginare lo stress subito da quei lavoratori, una condizione che mina uno dei sette “pilastri” fondamentali per la sicurezza: “Il personale operativo deve essere in grado di adempiere i propri doveri di sicurezza mantenendo la capacità di prendere decisioni libere da pressioni indebite”.

La situazione peggiora nuovamente quando, il 26 marzo, la città di Slavutych, in cui vive il personale che lavora presso il sito di Chernobyl, cade in mano russa. Di nuovo non si può prevedere se e quando sarà possibile una nuova turnazione del personale.

Il 30 marzo, fonti ucraine denunciano che le azioni dell’esercito russo possono portare all’esplosione di ordigni e di munizioni e di conseguenza danneggiare il sarcofago che riveste l’unità 4. L’esercito di Putin, infatti, utilizza l’area per aumentare lo stoccaggio di munizioni ed istituire posti di comando sapendo che in questa zona le forze armate ucraine non dovrebbero condurre azioni belliche.

Il 31 marzo Energoatom lancia un altro allarme: “Le truppe russe sono state esposte a radiazioni all’interno della Zona di Esclusione di Chernobyl”. La notizia si diffonde in relazione al trasferimento di sette autobus con soldati russi affetti da sindrome acuta da radiazioni che sarebbero arrivati in un ospedale in Bielorussia, nella città di Gomel. Questa la conseguenza della mancata osservanza delle misure di precauzione da parte dei militari russi che si sono mossi nell’area senza osservare le norme e le procedure di protezione prescritte (cambio di scarpe o indumenti, attenta chiusura delle porte, etc) per evitare contaminazioni. Sappiamo che tutte queste notizie andrebbero verificate da fonti terze ma non ci stupiremmo di scoprire che i reparti in questione non sapessero di trovarsi in una zona contaminata. Supposizione che verrebbe confermata da una successiva comunicazione dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica dopo aver esaminato alcuni video, diffusi dall’Agenzia statale dell’Ucraina per la gestione della Zona di Esclusione, che mostrerebbero trincee scavate dalle truppe russe proprio all’interno nell’area off-limit di Chernobyl. Un dato certo è che le centraline di misurazione dislocate nell’area di esclusione avevano, giorni prima, rilevato un incremento dei livelli di radioattività in seguito al passaggio di colonne di mezzi motorizzati; tale aumento era, ovviamente, collegato al sollevamento di grandi quantità di polveri.

Sarà un caso, ma il 1 aprile si diffonde una notizia: “le forze russe stanno abbandonato il sito”. Fatto poi confermato dai funzionari russi che avevano incontrato a Kaliningrad il direttore generale dell’AIEA Rafael Mariano Grossi. Nonostante il ritiro dei militari di Mosca, nei giorni successivi, si rilevano ancora difficoltà per la rotazione del personale del sito. Si tratta di lavoratori che dovrebbero essere trasportati da e verso la Centrale nucleare in barca, sul fiume Pripyat. Energoatom dichiara che il trasporto fluviale è l’unico modo per le persone che vivono nella città di Slavutych di raggiungere il sito.

Il 26 e 27 aprile gli esperti di sicurezza nucleare, protezione e salvaguardie dell’AIEA sono al lavoro sempre presso la centrale nucleare di Chernobyl, dove hanno consegnato apparecchiature, condotto valutazioni radiologiche per il ripristino completo dei sistemi di monitoraggio delle salvaguardie che raggiungerà il traguardo della trasmissione diretta dei dati alla sede IAEA solo in maggio.

Questo “diario” degli eventi che hanno interessato la centrale di Chernobyl rappresenta solo “l’antipasto” di quanto si è verificato nel settore del nucleare civile dall’inizio del conflitto, basta spostare lo sguardo verso un altro impianto quello di Zaporizhzhia per capire quali rischi si stiano effettivamente correndo.

Zaporizhzhia, Ucraina del Sud, Rivne e Khmelnytskyi, sono le quattro centrali nucleari attualmente operative in Ucraina, per un totale di 15 reattori che forniscono al Paese la metà del fabbisogno elettrico. Tutte sono gestite dalla Energoatom. L’impianto di Zaporizhzhia, costruito tra il 1984 e il 1995, è la più grande centrale nucleare d’Europa, occupa un’area situata nei pressi del fiume Dnipro vicino alla città di Enerhodar, l’impianto ospita 6 unità, tutte in esercizio fino all’inizio della guerra. Ogni unità è dotata di un reattore raffreddato ad acqua WWER-1000. La loro potenza elettrica totale è di 6000 MW.

Nella notte tra il 3 e 4 marzo, la centrale nucleare di Zaporizhzhia, è stata interessata dagli scontri tra l’esercito russo e quello ucraino. Subito dopo l’attacco è divampato un incendio che fortunatamente non ha riguardato strutture essenziali né i reattori, ma solo edifici secondari. Da allora è stato un susseguirsi di situazioni a elevato rischio. Ricordiamone alcune.

Anche se non si sono riscontrati rilasci di radioattività, le condizioni operative della centrale di Zaporizhzhya sono rapidamente mutate dopo l’occupazione. L’unità 1 è fuori uso a causa del danneggiamento degli edifici ausiliari, le unità 2 e 3 sono disconnesse dalla rete elettrica e in situazione di arresto a freddo, l’unità 4 funziona alla potenza di 690 MW e le unità 5 e 6 sono in stato di arresto a freddo. La linea telefonica del sito è interrotta e la trasmissione dei dati da parte del sistema automatizzato di monitoraggio delle radiazioni della centrale non funziona. Il personale operativo continua il proprio lavoro sugli impianti, anche se non è possibile effettuare la regolare turnazione del personale. Si cerca di riparare le due linee elettriche guaste ma le ostilità nella zona non rendono agevoli queste operazioni. Si cerca inoltre di bonificare il sito dalle granate inesplose che potrebbero rappresentare un rischio per la sicurezza dei reattori. Quando viene consentita la prima turnazione per un gruppo di circa 210 lavoratori sono passate ben due settimane. Nel sito sono presenti 11 tecnici dell’operatore russo Rosatom ma l’impianto è comunque gestito dal personale interno sotto sorveglianza militare.

Il 16 marzo le reti elettriche di Ucraina e Moldavia vengono collegate a quelle dell’Unione Europea: l’annuncio viene dato, dalla Presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. Da quando era stata disconnessa dalla rete elettrica russa, quella ucraina, era isolata e quindi a rischio di blackout.

Il periodo successivo è segnato da un continuo susseguirsi d’interruzioni delle linee elettriche che servono la centrale e dagli interventi per ristabilire l’indispensabile connessione alla rete, con i conseguenti e ripetuti adattamenti dei livelli di potenza dei reattori ancora in funzione. Tutte condizioni che rendono precaria la gestione dell’impianto.

Il 9 giugno Grossi dichiara: “La situazione attuale è insostenibile [..] ogni giorno di ritardo nel lavoro di manutenzione ordinaria, ogni giorno d’interruzione della catena di approvvigionamento e di consegna di apparecchiature fondamentali, ogni giorno in cui viene compromessa la capacità decisionale del personale che gestisce la centrale alimenta il rischio di un incidente grave”.

Siamo al 26 giugno, la guerra continua rischiando di coinvolgere direttamente gli impianti nucleari dopo che un missile è passato sopra Zaporizhzhia, un altro attraversa i cieli della centrale dell’Ucraina del Sud. Il direttore generale Grossi esprime nuovamente grande preoccupazione per i potenziali rischi per le installazioni nucleari nel caso in cui un missile sfuggisse al controllo o venisse smarrito …. ( pare si possa spiegare così il sorvolo minaccioso dei missili nei cieli sopra le centrali nucleari).

29 giugno L’AIEA comunica che ha di nuovo perso la connessione remota con i sistemi di sorveglianza dei dispositivi di sicurezza installati nella centrale di Zaporizhzhia.

4 luglio L’AIEA e l’operatore ucraino annunciano di aver ripristinato la trasmissione remota dei dati di sicurezza dall’impianto dopo un’interruzione di una settimana.

5 agosto L’Autorità Competente ucraina informa che, secondo un rapporto verbale ricevuto dal capoturno della centrale, a seguito di bombardamenti si sono verificate diverse esplosioni vicino al quadro elettrico della linea di alimentazione esterna. Tali esplosioni hanno causato l’arresto di un trasformatore dedicato all’alimentazione di base e di due trasformatori di riserva, di conseguenza, nell’impianto, è stato attivato il sistema di protezione di emergenza per l’unità interessata, con la messa in funzione dei generatori diesel per garantire l’alimentazione elettrica della stessa.

È del 6 agosto un’altra dichiarazione del direttore dell’AIEA: “L’azione militare che metta a repentaglio la sicurezza e l’incolumità della centrale nucleare di Zaporizhzia è del tutto inaccettabile e deve essere evitata a tutti i costi. Qualsiasi potenza di fuoco militare diretta verso o dalla struttura equivarrebbe a giocare con il fuoco, con conseguenze potenzialmente catastrofiche”.

8 agosto Mosca e Kiev si accusano a vicenda di aver bombardato la centrale nucleare di Zaporizhzhia. Entrambe le parti negano ogni responsabilità…. quasi non fossero loro a fronteggiarsi.

9 agosto In un comunicato, la IAEA osserva che i bombardamenti del venerdì e sabato precedenti hanno concretamente violato tutti i sette “pilastri” per la sicurezza nucleare.

Quali sono questi “pilastri” su cui si deve fondare la sicurezza degli impianti nucleari?

Innanzitutto Grossi ha evidenziato le tre funzioni principali da garantire: contenimento, controllo e raffreddamento. Questi obiettivi si raggiungono grazie a:

1. L’integrità fisica degli impianti, che si tratti di reattori, piscine di raffreddamento del “combustibile” nucleare o depositi di rifiuti radioattivi, deve essere mantenuta.

2. Tutti i sistemi e le apparecchiature di sicurezza e protezione devono essere sempre perfettamente funzionanti.

3. Il personale operativo deve essere in grado di adempiere i propri doveri di sicurezza e protezione e avere la capacità di prendere decisioni senza indebite pressioni.

4. Ci deve essere un’alimentazione elettrica fuori sito sicura che dalla rete arrivi a tutti i siti nucleari.

5. Devono esserci catene di approvvigionamento logistiche e trasporti ininterrotti da e verso i siti.

6. Devono esserci efficaci sistemi di monitoraggio delle radiazioni in loco e fuori sede e misure di prevenzione e risposta alle emergenze.

7. Infine, devono esserci comunicazioni affidabili con l’autorità di gestione e gli altri referenti.

E’ chiaro che, per quanto descritto prima, possiamo ritenerci fortunati se fino ad ora non è successo l’irreparabile.

Nonostante tutti gli appelli, i tentativi di mediazione, gli allarmi lanciati a più riprese, gli scontri a fuoco e le operazioni belliche proseguono per tutto il mese di agosto, l’unico spiraglio positivo si apre dal 30 agosto al 2 settembre con l’ingresso di tecnici della IAEA a Zaporizhzhia.

L’integrità fisica della Centrale è stata violata ripetutamente”, dichiara Grossi “Il sopralluogo è durato due ore ma per gli ispettori delle Nazioni Unite era importante mettere il piede oltre la porta e provare a non andarsene più via”.

L’azione migliore per garantire la sicurezza e la protezione degli impianti nucleari dell’Ucraina e delle popolazioni potenzialmente coinvolte in un disastro nucleare (visto che usare il termine incidente, in questo contesto, è assolutamente improprio) sarebbe quella di interrompere immediatamente questo conflitto armato. Dai comportamenti irresponsabili delle forze armate e di chi le comanda, dalle dichiarazioni di parte che hanno l’unico scopo di negare le proprie responsabilità addossandole sempre e comunque al “nemico”, dalla follia nazionalista alimentata per “garantire le risorse umane” da mandare al fronte non possiamo attenderci nulla di buono… del resto, secondo l’etica militarista, “La guerre c’est la guerre”.

Le politiche di chi ha scelto il territorio ucraino come campo di battaglia per regolare le proprie sfere d’influenza economico–militari non tengono conto della sofferenza, della distruzione, della miseria, del lutto che le loro scelte provocano figuriamoci se si preoccupano dell’eventualità di una “nuova Chernobyl”.

In questo “Risiko” un disastro nucleare è probabilmente considerato un effetto collaterale, tanto più che ci stiamo riferendo a potenze che dispongono di testate atomiche in grado di distruggere più volte l’intero pianeta. Ancora più sconfortante dover assistere ai tentativi di chi, di fronte ad un’ulteriore prova della pericolosità intrinseca di una centrale nucleare non solo in tempo di “pace” ma ancor di più in tempo di guerra, approfitta della crisi energetica per riproporre la scelta nucleare, annoverandola tra le energie alternative, fantasticando di impianti di quarta generazione come se fossero tecnologie in grado di superare tutte le problematiche legate allo sfruttamento dell’energia atomica e pronte all’uso su scala industriale.

Mentre scrivo le ultime righe circola la notizia dei sabotaggi ai condotti sottomarini dei gasdotti Nordstream 1 e 2. Mentre Stati Uniti e Russia si accusano reciprocamente, gli speculatori dei mercati internazionali provocano un ulteriore rialzo del prezzo del gas. Non servono ulteriori commenti.

MarTa

(1) IAEA International Atomic Energy Agency (USIE) Unified System for Information Exchange in Incidents and Emergencies è un sito web dell’AIEA che garantisce punti di contatto degli Stati membri per la notifica tempestiva e l’assistenza, per lo scambio di informazioni urgenti durante incidenti ed emergenze nucleari o radiologiche, indipendentemente dalla loro causa.

(2) nel 2011 l’incidente occorso alla centrale di Fukushima venne classificato allo stesso livello della scala INES

(3) Energoatom è l’azienda di stato ucraina che si occupa della gestione delle quattro centrali nucleari attive nel territorio del paese nonché dello smantellamento dei tre reattori superstiti della centrale di Chernobyl operazione il cui completamento è previsto per il 2065.

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